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Regia e creatività. L'intervista

E se non pensi “regia”, non passi. Intervista ad Andrea Celi

Oggi ci prepariamo all’Italian Events Network con un’intervista ad Andrea Celi, Creative Director, Concept Specialist, responsabile della regia di diversi eventi pubblici e privati che hanno riscosso grande successo, soprattutto grazie a un mix di bravura, personalità, competenze e, ovviamente, creatività.
Bando agli indugi: questa bellissima intervista si commenta da sola!

Andrea Celi creativo alla regia

Andrea Celi: Creative Director e Concept Specialist. Raccontaci un po’ chi sei e come sei arrivato a fare ciò che fai.

Faccio il Direttore Creativo di eventi e l’autore di contenuti dal vivo. In qualità di docente, collaboro con lo IED nel Master di Event Management. Nel tempo, ho abbinato gli studi in Filosofia alla passione per le cose che accadono tra la gente, durante le feste, alle mostre, nelle strade. Sono un osservatore praticante, invento feste da quando ero piccolo e disegno a mano libera che è un piacere. Alla fine, ci si arriva combinando le proprie attitudini con i contesti giusti, continuando ad approfondire.

Perché lavorare nel mondo degli eventi? Esiste una scintilla che ti intriga e ti affascina, e ti fa svegliare ogni mattina dicendoti “Amo questo lavoro”?

Non lo amo particolarmente, ma ci sono cose che mi divertono. Perché, tutto ciò che è dal vivo tra la gente, ha bisogno di una regia: da una processione a un flusso turistico, da una convention al mega happening sul lago di Iseo di Christo, si avrà sempre più bisogno di professionisti come noi.
Specialisti che pensano alla regia della fruizione dal vivo, non alla regia dei video, ma di quello che fa la gente, come si muove, quando, dove, perché; ecco questo è ciò che più mi intriga.
Avere la consapevolezza di questo ruolo, non è scontato.
E poi gli eventi stanno cambiando, si evolvono, si procede verso l’esperienza, poi verso l’immersione e il futuro sarà hyper…vincerà chi saprà creare mondi. E se non pensi “regia”, non passi.

Hai curato la direzione creativa della performance degli Intelligent Music Project, che hanno rappresentato la Bulgaria all’Eurovision 2022. Come ti ha fatto sentire lavorare a un progetto di tale portata, e come ti ha arricchito quest’esperienza?

Un’esperienza incredibile, provante ed esaltante. Lì hai 3 minuti per vedere dal vivo la performance che hai preparato in 3 mesi. Poi, solo 15 minuti per modificarla chiuso in una stanza con 20 super professionisti a tua disposizione per correggere ogni millesimo di secondo: luci, movimenti, inquadrature. Se non ti giochi bene quei 15 minuti sei finito. Perché non hai altre chance, non c’è modo di dire “aspetta magari domani la sistemiamo meglio…” e questo l’ho apprezzato tantissimo. Poco italiano, molto allenante.

Si fa presto a dire creatività, ma cos’è realmente? Ci vuoi raccontare il tuo punto di vista?

È un termine che mi infastidisce non poco. Quando le parole diventano il ricettacolo di tutto, perdono la loro portata, la loro attualità, la loro capacità di “fare male” quando serve. Io sono un laico e combatto i danni fatti da molti colleghi della mia generazione che raccontano la “Creatività” come una divinazione, come sinonimo di talento a prescindere, o come manifestazione di sé e bla bla. “Creatività” è una disponibilità come la simpatia, ci sono direttori creativi, direttori simpatici, ipocriti. Credo nel metodo del pensare-produrre contenuti rilevanti, credo nella capacità di leggere i contesti e inventare mondi.

Quali sono gli aspetti più delicati, o più difficili, del tuo mestiere?

Le riunioni.

Entriamo nel campo minato: all’oggi c’è un dibattito in corso su come l’Intelligenza Artificiale possa in qualche modo influenzare il lavoro degli artisti. Tu, da creativo e professionista, come ti poni nei confronti di questo argomento?

La trovo una grande possibilità. Se fossi un artista la troverei molto divertente se ben combinata all’Intelligenza Naturale di ognuno, a costo che sia allenata.
Dall’altro lato, mi deprime quella ostinata corsa nel trovare a tutti i costi ciò che più si avvicina all’uomo: “scrive come l’uomo”, “pensa come l’uomo”. E quindi? C’è in noi una certa perversione nel volersi assomigliare che secondo me genera solo guasti cognitivi.
A tal proposito, penso che il livello di sviluppo di un’Intelligenza Artificiale in relazione all’attuale nostro sviluppo cognitivo post-pandemico, sia totalmente impari e sbilanciato.
C’è tutto ma non c’è ancora l’uomo. Ma arriverà, dai!

Quale consiglio vorresti dare a chi si approccia a questo mestiere? Quali sono le skills hard e soft che non possono proprio essere date per scontate?

Il mio consiglio è sempre lo stesso: allena costantemente il tuo pensare, perché pensare non è scontato. Alimentalo con il sapere, con l’osservazione, con la cultura, sviluppa spirito critico, combatti giornalmente la retorica e cambia spesso la password. È scientifico: più sai più fai la differenza a un tavolo. Sii rilevante, sennò sarai al massimo il più bravo, ma non farai la differenza.
In merito alle soft skill, sono totalmente attratto dai “no-rriculum”. Ci sono cose che hai fatto nella vita che non sono scritte nei curriculum, ma che raccontano tanto di te anche se non hanno avuto un risvolto lavorativo. Non mi riferisco alla retorica del “fallimento”. Ci sono cose che non consideri perché magari non ti hanno portato a niente o perché sei stato drogato dall’abitudine a pensare che la cosa più giusta nel lavoro è il rapporto tra prestazione e risultato.
Ci sono cose che hai fatto che ti danno la giusta misura per non prenderti troppo sul serio e che sicuramente ti hanno aiutato in qualche modo a sviluppare una consapevolezza della tua portata.
Per quanto mi riguarda l’aver fatto il provino del Grande Fratello, avere prodotto più di 150 libri mai scritti e aver celebrato 3 matrimoni, mi ha insegnato un sacco di cose.

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